La parola gruppo ha origine dall’italiano medioevale groppo = nodo che, a sua volta, deriva dal germanico truppa = massa rotonda; quindi entrambe le parole hanno in comune l’ origine dell’ l’idea di un tondo.
L’etimologia,dunque, indica due direzioni di significato: il nodo e il tondo. Il senso di nodo allude alla aggregazione tra i membri del gruppo. Tondo, rimanda ad una riunione di persone o, per conservare la stessa immagine, un circolo di persone.
Il primo utilizzo del gruppo a scopi terapeutici risale a Joseph Pratt. Egli era un internista di Boston che a partire dal 1904 integrò la cura dei pazienti tubercolotici con sistematiche riunioni durante le quali venivano affrontati aspetti medici e psicologici della malattia. Secondo l’autore questi incontri avevano esiti piuttosto positivi sia relativamente al morale dei pazienti sia sul decorso della loro patologia. Di Maria F., Lo Vverso G. (1995).
La psicoterapia di gruppo può essere definita come una prassi terapeutica in cui il mezzo principe della terapia è il gruppo stesso.
Generalmente viene costituito un piccolo gruppo di persone (circa 8-9 pazienti), con un analista; e a volte con alcuni osservatori e co-terapeuti. Questo aspetto la differenzia molto dalla classica pratica psicoanalitica dove c’è un rapporto esclusivamente duale (analista – paziente). (Lo Verso G., Vinci S. 1990).
Il gruppo presenta delle peculiari caratteristiche che facilitano lo sviluppo di relazioni, la nascita di legami identificativi, la creazione di una cultura comune e potenti meccanismi trasformativi. Il gruppo, infatti, non è la semplice somma degli individui che lo compongono, in quanto al suo interno operano delle dinamiche che creano un effetto moltiplicatore delle energie umane in esso presente. Il gruppo è, infatti, al tempo stesso, sia un contenitore, sia un’esperienza.
Di conseguenza i gruppi psicoterapeutici hanno proprietà curative che vanno ben oltre il superamento del senso di alienazione, dell’isolamento sociale e della possibilità di condividere il proprio disagio con altre persone.
L’elaborazione delle vicende individuali avviene in relazione a quanto accade nel gruppo e ai fenomeni che nello stesso si manifestano, pertanto ogni evoluzione e crescita personale diviene un elemento utile e potenzialmente trasformativo per tutti.
Presupposto teorico della gruppoanalisi è che gli accadimenti psichici non avvengono solo come fatto interno agli individui e al loro mondo, ma soprattutto nello spazio relazionale esistente fra loro. (Lo Verso G. 1994)
La terapia di gruppo infatti non si basa unicamente sulla relazione tra terapeuta-gruppo ma prende in esame il gruppo familiare, il gruppo di lavoro, il gruppo di amici, il gruppo allargato della società che ogni paziente ha interiorizzato dentro di se.
Nella psicoterapia di gruppo la relazione è stabilita direttamente con “l’alterità” cioè con il “gruppo. Lo “spazio” del gruppo da la possibilità ai partecipanti di ricreare in una sorta di microcosmo le relazioni parentali e significative ed è possibile vederle nel “qui ed ora”, dal vivo. Ciò costituisce una forte spinta al cambiamento, che attraversa i piani di esperienza di sé, della propria storia familiare, relazionale e culturale. (Lo Verso 1994)
Inoltre, è’ importante precisare, che nel gruppo c’è un concetto di scambio che va la di la dell’idea di essere generosi o altruisti. Più precisamente sussiste l’idea di dare senza perdere quello che si è dato o del ricevere senza portare via. Ciò non significa che la proprietà venga condivisa nel senso di essere “divisa”, e sembra richiedere una visione abbastanza diversa di proprietà, una visione in cui essa non sia posseduta privatamente, ma liberamente e accessibile a tutti. Infatti, si ritiene che ogni membro del gruppo trarrà beneficio se tutti i partecipanti sono aiutati ad aprirsi e a rendere pubblico ciò che si tengono stretti. Se il gruppo va bene viene riconosciuto che non si perde nulla nel rende il privato pubblico e ciò che viene svelato rimane proprietà privata, ma del gruppo piuttosto che del singolo individuo.( Zinkin L. 1996)
Accade di sovente che il gruppo diventa parallelo ad una psicoterapia a due. In tal modo i pazienti possono vivere e comprendere meglio alcune caratteristiche delle loro relazioni in una situazione che è al tempo stesso naturale e complessa rispetto alla all’interazione a due voci della psicoterapia classica.
Principali funzioni terapeutiche del gruppo
Secondo Yalom, esistono dei fattori terapeutici universali che vanno al di la degli approcci teorici usato dallo psicoterapeuta:
universalità: il paziente prova sollievo nel capire che tutti i suoi sintomi possano essere condivisi. Inoltre la pluralità che caratterizza il gruppo è fonte, inevitabilmente, di notizie e chiarimenti sui problemi condivisi;
instillazione di speranza: L’incoraggiamento tra i vari componenti del gruppo mobilità l’ottimismo tra i partecipanti e la sensazione di potercela fare;
cambiamento del copione familiare: I pazienti nel gruppo possono rivedere e rielaborare la storia del proprio gruppo originario, la famiglia, e di compiere riflessioni, valutazioni mai tentate prima, attraverso il costante confronto tra gruppo terapeutico e gruppo familiare;
altruismo: Tutte le azioni altruistiche che si verificano nel gruppo consentono un aumento dell’autostima e di reciproco aiuto che risultano essere fattori terapeutici;
sviluppo di tecniche di socializzazione: il gruppo svolge una fondamentale funzione di specchio. I partecipanti attraverso feedback e risposte aiutano e sono aiutati nell’acquisizione di una più accurata autopercezione. La nuova consapevolezza è alla base per un successivo cambiamento di interazione sociale;
comportamento imitativo: ogni paziente ha la possibilità di osservare e prendere a modello gli aspetti positivi del comportamento degli altri partecipanti e del terapeuta;
apprendimento interpersonale: ogni partecipante, per migliorare la propria patologia, deve attraversare diversi stadi. In primo luogo è indispensabile rendersi conto delle proprie modalità di interazione sociale e delle conseguenze che esse hanno sugli altri e su se stesso, quindi, deve modificare tali modalità, attraverso la sperimentazione, nel gruppo, di nuovi comportamenti e infine deve verificare se essi risultano effettivamente più adeguati e rispettosi per tutti;
coesione di gruppo: i partecipanti sperimentano la sensazione che qualcosa di importante sta per avvenire all’interno di un contesto protetto e accogliente. La coesione di gruppo altro non è che la percezione dell’esistenza di un setting o un contenitore le cui “pareti” sono formate dai vari membri e dalla loro voglia di far parte del gruppo;
catarsi: il contesto gruppale sviluppa la potenzialità liberatoria attraverso l’immedesimazione nell’altro e nelle sue problematiche;
fattori esistenziali: non costituiscono di per se un fattore di cambiamento ma una consapevolezza necessaria affinché gli eventi avversi della vita possano essere vissuti con meno drammaticità. Essi comprendono la responsabilità, la solitudine, il senso dell’esistenza, la morte.